…altro da sapere
L’architettura romanica astigiana è tra le più interessanti e pregevoli del patrimonio culturale del Basso Monferrato. Tra i numerosissimi edifici di culto edificati fra il secolo XI e XII in questo territorio, Santa Maria di Vezzolano è certamente un esemplare di spicco per composizione spaziale e decorazioni. Già nota nel 1095 perché parte di un più ampio complesso monastico di cui sono ci pervenuti la chiesa, il chiostro e la sala capitolare, la chiesa presenta una facciata bicroma in areanaria e laterizio, decorata da tre ordini di colonnine fra le quali si apre una suntuosa bifora ornata da sculture. All’interno emerge per bellezza e rarità, una struttura a pontile poggiante su cinque arcate a sesto acuto: è lo Jubé di scuola borgognana della fine del XII secolo, ornato da ricchi bassorilievi policoromi raffiguranti i trentacinque patriarchi antenati alla Vergine,con funzione di divisore fra fedeli e celebranti.
In fondo alla navata destra una piccola porta conduce al chiostro, ancora intriso di vita monastica, nel quale si possono apprezzare i resti dell’importante ciclo pittorico di epoca gotica con rappresentazione della Vergine e il Contrasto dei tre vivi e dei tre morti in trono, nonchè la successione delle volte ad archiacuti con costolatura e i capitelli scolpiti.
Con la pace di Cherasco (1631) il territorio di Vezzolano passò ai duchi di Savoia ed il prevosto Cesare Galliano ottennne con l’occasione la dignità di gran priore dell’Ordine Mauriziano. Dal1648 al 1657, fu prevosto commendatario il cardinale Maurizio di Savoia, il cui stemma è effigiato nella Sala degli Abati. Nel 1938 il complesso monumentale fu acquisito dal Ministero dell’Educazione Nazionale, Direzione Generale delle Antichità e delle Belle Arti , da cui è all’ attuale Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo, oggi sottoposto alla gestione del Polo museale del Piemonte del MiBACT.
…lo sapevate che
È leggena locale che il piatto invernale più rinomato della cucina monferrina, la bagna cauda, sia stata usata come medicamento al re Carlo VIII di Francia, intorno al 1495, preparata anziché con l’aglio con il peperoncino piccante selvatico, diventando la bagna cauda di Albugnano e ancora oggi servita in questa variante.
Ospite dei Solaro di Montecucco, Carlo VIII di Francia, pranzò alla tavola dei canonici dell’abbazia di Santa Maria dove conobbe l’erborista-cerusico che lo guarì dal un male che lo affliggeva, pare si trattasse di vaiolo o sifilide. Caso vuole che, che proprio a quegli anni risale la presenza, nel trittico sopra l’altare, dello stemma di Albugnano, scudo rosso gigliato oro, accanto alla figura che viene interpretata come quella di Carlo VIII.